Giuseppe Bonadeo, “Pinuccio” ex macellaio a Frugarolo, amico di Lella

Pinuccio ci accoglie nella sua casa di Frugarolo, a due passi da quella dove ha abitato Lella Lombardi e dove lui, giovanissimo, ha iniziato a lavorare come garzone nella macelleria del padre della campionessa.

I suoi occhi azzurri si illuminano appena inizia a raccontare di quegli anni trascorsi accanto a Lella, complice delle sue imprese motoristiche quando nessuno, nemmeno la sua famiglia, sospettava che  dietro quel sorriso così dolce e quei modi gentili si nascondesse un’amante della velocità.

“Le è sempre piaciuto andare forte; ci eravamo comprati una Lambretta tutti e due nello stesso periodo: io però l’avevo presa usata, lei nuova. Ma quando Lella provò la mia e si accorse che il motore era più brillante, mi chiese di fare cambio. 

Andavo spesso in macchina con lei, ma non ho mai avuto paura perché aveva una sicurezza e una abilità soprattutto in curva e in discesa che ti faceva sentire al sicuro. Certo l’adrenalina non mancava! Ricordo una volta che dovevamo portare 60 quintali di carne in Emilia: avevamo caricato il camioncino un po’ troppo, ne poteva portare solo 40. A un certo punto, Lella mi dice: mi sa che non abbiamo più i freni e le marce non rispondono. Comincia ad aprire la portiera, tieniti pronto e quando ti dico salta, buttati! Non ce ne fu bisogno, con la sua maestria riuscì a gestire le marce e appena vide una strada laterale in salita la inforcammo senza conseguenze. Il camioncino si fermò, aspettammo un po’ e ripartimmo per portare a termine la consegna”.

Pinuccio è stato testimone degli esordi della carriera di Lella e ce lo racconta con orgoglio.

“Quando Lella decise di correre comprò la prima auto (una 850 Fiat) aiutata da alcuni amici all’insaputa dei genitori. La macchina venne consegnata all’autodromo di Monza dove fece la prima corsa dopodiché, tornando a Frugarolo, dovette nasconderla sotto i portici di un vecchio caseggiato 

della piazza centrale del paese (Piazza Sant’Anna) dove anni dopo lo zio Ricci (fratello della mamma) costruì i due palazzi tuttora esistenti. Per provare le varie modifiche apportate all’auto, faceva le prove sulla strada che costeggia la ferrovia nella zona dell’attuale Area Verde.

E questo fu l’inizio della sua carriera”.

Oggi l’Area Verde, che è un giardino pubblico con annessa zona di ricreazione, ospita il monumento a lei dedicato.

Oltre a Pinuccio, altri  due “complici” il Checco ed Enrico detto “Ricu”, anche loro dipendenti del padre di Lella, l’accompagnavano nelle varie avventure, come la volta in cui a bordo della Giulietta Sprint vanno a vedere la corsa Pontedecimo-Giovi. Al ritorno li supera una MG e il guidatore, vedendo che al volante della Giulietta c’è una donna, le fa il gesto delle corna sogghignando. Lella per qualche secondo non reagisce,

poi decide di passare all’attacco e inizia a scendere le curve a tutta velocità. I tre passeggeri iniziano a tenersi a qualunque appiglio e il Checco, seduto accanto a lei, mette la testa fuori dal finestrino e, preoccupato, in dialetto le dice ”Guarda Lella che le ruote non toccano terra!” Ma lei prosegue concentrata e sicura: la MG è ormai vicina, ancora un paio di curve, cambio di marcia, tacco e punta, come diceva Lella, e vai!

“Sorpassiamo la MG, ci giriamo ridendo verso il suo guidatore e senza neanche metterci d’accordo, spontaneamente tutti e tre alziamo le mani con il gesto delle corna bene in vista!”

“Ricu” era il meno temerario: gli piaceva fare le consegne insieme a Lella ma aveva paura della velocità. “Ogni volta che tornava in laboratorio scendeva dal furgone e sussurrava in dialetto toccandosi la fronte: anche questa possiamo raccontarla. Sul vecchio Fiat 1100 si teneva talmente stretto al maniglione della portiera, che una sera gli restò in mano”.


“I viaggi con lei erano pieni di sorprese, ti invitava a salire in macchina per fare un giro, per provare una nuova auto, ma non sapevi mai dove saremmo andati né quanto saremmo stati via. Un sabato sera dice a suo padre “Ciao, io esco, vado fin lì”. Carica mia sorella e me e dove andiamo? A Siena a vedere il Palio. Qualche ora per dormire dopo lo spettacolo e via di ritorno a Frugarolo”.

Le sorprese non mancavano nemmeno durante i viaggi di lavoro, quando Lella consegnava la carne soprattutto in Liguria. “Una sera partiamo dal laboratorio piuttosto in ritardo e andiamo di fretta. Quando siamo quasi a Voltri, Lella si accorge di aver dimenticato i documenti di trasporto, le bolle, le fatture. Dovevamo tornare indietro per forza, ma lei imperterrita continua il suo viaggio e mi dice “Non preoccuparti, so io come fare”.  Ero proprio curioso di capire cosa avrebbe escogitato. L’ufficio del Dazio a Voltri si trovava ai piedi di una discesa. Lei allora, qualche centinaio di metri prima, inizia a spegnere i fari e il motore e lascia che l’auto viaggi per inerzia. Silenziosi passiamo davanti all’ufficio del dazio sperando che nessuno ci veda e invece gli addetti si accorgono eccome del nostro veicolo.

Escono e ci inseguono gridando Fermatevi! Ma lei è più veloce e appena il furgone accenna ad arrestarsi, riaccende il motore, ingrana le marce a tutta velocità e riusciamo a passare il passaggio a livello che segnava il confine con il comune di Arenzano: lì entravamo in un’altra giurisdizione ed eravamo salvi”.

Quello che forse non molti sanno è che Lella era anche una ballerina provetta. “Era scatenata, adorava ballare il boogie e le piaceva inventare i passi. Quando aveva qualche idea, smetteva di lavorare in macelleria, attraversava la strada e andava dall’amica Mirosa che faceva la sarta e in cucina le mostrava la coreografia. Se funzionava, la provavamo insieme e la sera, nelle sale da ballo della campagna alessandrina, avevamo il nostro momento di celebrità. Si creava il vuoto intorno a noi, eravamo molto affiatati tant’è che la mia fidanzata di allora, che poi è diventata mia moglie, era gelosissima di Lella!”.